In un precedente articolo ho raccolto alcuni studi che mostrano l’associazione tra malattie autoimmunitarie della tiroide, persistenza di virus e stress psicoemozionale.
In questo articolo voglio condividere le mie esperienze cliniche nella gestione delle patologie tiroidee in cui sono presenti anticorpi anti tireoperossidasi (anti TPO), anti tireoglobulina (anti TG) o anticorpi anti recettore TSH (o tireostimolanti TSI). Nei primi due casi si configura la patologia denominata tiroidite di Hashimoto (che solitamente porta ad un quadro clinico e di laboratorio di ipotiroidismo), nel terzo caso si parla di morbo di Basedow (che porta ad un quadro di ipertiroidismo).
In medicina convenzionale si ritiene che la presenza di anticorpi contro la tiroide (autoanticorpi) sia un evento irreversibile; i valori degli autoanticorpi vengono solitamente misurati con un esame del sangue all’inizio del percorso diagnostico e successivamente questi esami non vengono più ripetuti poiché si ritiene che il loro andamento sia casuale, soggetto ad alti e bassi, ma irreversibile.
Circa 20 anni fa anch’io ero convinto di ciò, perché in effetti questo comportamento casuale dei livelli di autoanticorpi è ciò che si osserva comunemente. Per questo motivo a quel tempo, quando giungeva alla mia osservazione un paziente che presentava anche una patologia autoimmunitaria della tiroide, consideravo la condizione cronica irreversibile e quindi mi concentravo sul resto del quadro clinico, sugli altri sintomi che il paziente presentava.
Mi accorsi però che, nei pazienti che stavano effettuando un adeguato percorso di cura omeopatica indirizzata alla guarigione della totalità dei sintomi, i livelli ematici degli autoanticorpi iniziavano un percorso progressivo di diminuzione.
All’inizio furono osservazioni casuali; probabilmente qualche paziente aveva voluto ripetere di sua iniziativa gli esami includendo gli autoanticorpi, non era infatti tra le mie aspettative che si modificasse qualcosa in quell’ambito.
Le prime inattese osservazioni mi stimolarono a richiedere un monitoraggio semestrale degli autoanticorpi per tutti i pazienti che presentavano una malattia autoimmunitaria della tiroide.
L’osservazione di diverse decine di pazienti nel corso di questi anni ha portato ad una evidenza clinica inequivocabile: se il paziente sta ricevendo una terapia omeopatica che intercetta correttamente alcune tematiche psicologiche presenti nel suo vissuto, gli autoanticorpi diminuiscono progressivamente. In alcuni casi ho osservato la progressiva diminuzione sino a normalizzazione dei valori, in altri casi una significativa diminuzione.
In alcuni casi ho osservato che ad un periodo di diminuzione progressiva degli autoanticorpi seguiva un periodo di inatteso aumento. L’osservazione attenta degli eventi psicologici ha sempre portato ad individuare una concomitante fase di sofferenza psicoemozionale; la correzione della terapia omeopatica stimolava una nuova diminuzione dei livelli di autoanticorpi e un concomitante miglioramento dello stato psicoemozionale.
Quali sono dunque gli aspetti psicoemozionali osservati?
Possono essere riassunti in due grandi gruppi:
- emozioni non risolte, lutti, eventi tristi, rancori ecc. Stati emozionali di cui non riusciamo a liberarci.
- stati di attivazione emozionale, ansia per eventi che temiamo potrebbero essere potenzialmente disastrosi, ansia anticipatoria, da prestazione; persone che vivono giornate piene di impegni, sono sempre di corsa, non si concedono pause; stanno chiedendo troppo al loro organismo.
I medicinali omeopatici più frequentemente utilizzati in queste situazioni sono i sali di arsenicum, i sali di argentum, i sali di ammonium, i sali di natrum, spongia (tutti ovviamente in diluizione/dinamizzazione omeopatica).
I medicina omeopatica classica è bene non avere dei medicinali preferiti per una certa patologia. Ogni paziente è unico e unica è la sua storia che necessita quindi di un percorso individuale per recuperare l’armonia psicofisica.
Sarei proprio curiosa di provare,da 9 anni lotto con la tiroidite di hoshimoto,il peso è il mio problema più grande,riscontro anch’io che la mia ansia per il lavoro e la
Famiglia potrebbe essere l’aggravante a questa difficoltà di trovare il giusto dosaggio del farmaco.
Valentina.Pd.
Buongiorno,
come scrivo nell’articolo, il percorso omeopatico può aiutare a superare o ad affrontare con maggiore serenità aspetti emozionali che altrimenti rimangono irrisolti e di solito una maggiore armonia di funzionamento mente/corpo porta ad osservare anche effetti positivi sul comportamento del sistema immunitario ed ormonale. In generale la PNEI, psiconeuroendocrinoimmunologia è la disciplina che ci aiuta a comprendere questi meccanismi.
Se desidera incontrarmi per una visita, può inviarmi una mail a omeopatia@galeazzi.info
Cordiali saluti
Bruno Galeazzi